In occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, che verrà celebrata il prossimo 1° settembre, Papa Francesco lancia un importante messaggio “per coltivare – come scrive il Santo Padre – la nostra “conversione ecologica”, una conversione incoraggiata da San Giovanni Paolo II come risposta alla “catastrofe ecologica” preannunciata da San Paolo VI già nel 1970”.
La crisi ambientale, infatti, non è una novità e da diversi anni nella voce del creato si nota una certa dissonanza: “Da un lato – prosegue Francesco – è un dolce canto che loda il nostro amato Creatore; dall’altro, è un grido amaro che si lamenta dei nostri maltrattamenti umani”.
Il “dolce canto” rappresenta l’invito “a fondare la nostra spiritualità sull’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale”.
A esso, però, si contrappone il “grido amaro” o, meglio, le “grida amare”: della madre Terra per gli abusi dell’uomo che portano alla sua distruzione; delle diverse creature, danneggiate da un “antropocentrismo dispotico”; dei poveri che, esposti alla crisi climatica, “soffrono più fortemente – sottolinea il Papa – l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti”. Infine, le grida dei popoli nativi, privati delle loro terre invase e devastate, e dei nostri figli che, minacciati da un miope egoismo, “chiedono ansiosi a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il collasso degli ecosistemi del nostro pianeta”.
Alla luce di ciò, “lo stato di degrado della nostra casa comune – evidenzia Francesco – merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici”, aggiungendo che “la conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria”, su cui anche le Nazioni Unite, durante gli incontri dedicati alla questione ambientale, devono confrontarsi con spirito di massima cooperazione.
Nel messaggio, il Pontefice ricorda che il vertice COP27 sul clima, in programma in Egitto a novembre 2022, rappresenta la prossima opportunità per favorire tutti insieme una efficace attuazione dell’Accordo di Parigi, alla luce del quale il Papa ha disposto che la Santa Sede, a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, aderisca alla Convenzione-Quadro dell’ONU sui Cambiamenti Climatici e all’Accordo stesso.
È opportuno sottolineare che gli obiettivi di tale Accordo possono essere raggiunti solo se è presente una concreta ed effettiva alleanza tra l’essere umano e l’ambiente.
“A sua volta – scrive Francesco – il vertice COP15 sulla biodiversità, che si terrà in Canada a dicembre, offrirà alla buona volontà dei governi l’importante opportunità di adottare un nuovo accordo multilaterale per fermare la distruzione degli ecosistemi e l’estinzione delle specie”.
Lo scopo del Santo Padre è chiaro ed esplicito: “Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie estrattive – minerarie, petrolifere, forestali, immobiliari, agroalimentari – di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti”.
Non manca, infine, il riferimento al debito ecologico “delle nazioni economicamente più ricche, che hanno inquinato di più negli ultimi due secoli; esso richiede loro di compiere passi più ambiziosi sia alla COP27 che alla COP15”, caldeggiando comunque l’azione, seppur in diversa misura, dei Paesi economicamente meno ricchi, onde evitare il raggiungimento del temuto “punto di rottura”.
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